È la domanda che rivolgiamo alla Prefettura di Brescia, il committente istituzionale che ha dato in appalto alla Cooperativa Olinda il Centro di Accoglienza Straordinaria di Nuvolera, dove alle donne richiedenti asilo ospitate vengono imposte forti limitazioni sulla possibilità di uscire dalla struttura. Limitazioni che in alcuni periodi vengono trasformate in vera e propria reclusione. Abusi gravi insomma, non consentiti nemmeno dai regolamenti di gestione dei C.A.S. Provvedimenti che sarebbero del tutto illegittimi anche qualora venissero mai riscontrati rischi reali di assoggettamento al racket della prostituzione. In quel caso le singole donne minacciate dovrebbero essere protette con l’inserimento immediato in strutture e percorsi idonei previsti dalla legge contro la tratta. Non essere recluse, loro e tutte le altre, all’interno del Centro!
Per ottenere spiegazioni e per continuare a dare sostegno alle donne richiedenti asilo del C.A.S. di Nuvolera:
venerdì 3 marzo ore 17.30 piazza Paolo VI, Brescia
PRESIDIO
e incontro con la Prefettura
Sono una decina gli operatori, operatrici, ospiti del Centro di Nuvolera che, nonostante minacce di ritorsione e provvedimenti arbitrari di allontanamento effettivamente subiti, hanno scelto di non abbassare lo sguardo. Le pratiche di limitazione della libertà personale sono state portate alla luce dalle loro testimonianze, che segnalano anche carenze nelle condizioni igienico-sanitarie del C.A.S. (che peraltro ospita anche alcuni neonati con le rispettive madri) e nell’effettiva erogazione dei servizi di supporto legale, psicologico e formativo previsti dalla convenzione stipulata tra la cooperativa Olinda e la Prefettura di Brescia.
Sabato 25 febbraio più di cento persone sono andate a portare solidarietà alle donne del C.A.S. di Nuvolera, che subito sono accorse in strada nonostante la contrarietà e le pressioni per farle rientrare dei responsabili di Olinda, i quali nemmeno hanno voluto consentire la visita all’interno del Centro di accoglienza richiesta da una delegazione di solidali.
Atteggiamenti di chiusura che si combinano con la lacunosità e le palesi inesattezze che rendono non convincenti le spiegazioni finora fornite da Olinda. Questa grossa impresa, che tra le province di Brescia, Mantova e Verona ha in appalto una cinquantina di Centri per richiedenti asilo, dietro all’opacità sembra voler tenere al sicuro soprattutto i 12 milioni di euro fatturati ogni anno con la gestione dell’accoglienza straordinaria.
Peraltro Olinda afferma di prendere ogni decisione su indicazione o con l’approvazione della Prefettura di Brescia.
Alla quale allora ci rivolgiamo e chiediamo conto.
Questa vicenda non torna nel silenzio, rimane aperta. È ad un tempo eccezionalmente grave ed esemplificativa della qualità complessiva dell’accoglienza emergenziale ai/alle richiedenti asilo, improntata anzitutto a logiche securitarie e di business.
Questa vicenda è uscita dalle mura del C.A.S. di Nuvolera grazie ad una variabile indipendente non calcolata da chi governa e gestisce il sistema cosiddetto dell’accoglienza: le donne immigrate del C.A.S. di Nuvolera, gli operatori e le operatrici che hanno trovato coraggio e dignità per alzare la testa e dire basta a ingiustizie, soprusi, logiche di assoggettamento.
Solidarietà sociale, accoglienza degna, libertà di movimento, autodeterminazione: a Nuvolera queste parole hanno carne, volti e voci, sono diventate le donne e le persone che le mettono in pratica. Stiamo dalla loro parte. Sono loro la vera anomalia, stavolta preziosa e positiva, del C.A.S. di Nuvolera.