La Carta di Lampedusa: radicalità senza ambiguità – LegaCoop e Connecting People? No grazie

Se c’è una cosa che la Carta di Lampedusa non può accettare, sono le ambiguità.
Mettere insieme centinaia di realtà grandi e piccole per contribuire all’affermazione di un diritto dal basso e di un movimento europeo e mediterraneo contro i confini e le attuali politiche di “gestione” delle migrazioni, non è certo cosa facile.
La Carta di Lampedusa, il percorso a cui ha dato vita, il documento che ha elaborato nella tre giorni sull’isola, le esperienze e gli intrecci che dopo quelle giornate hanno preso forma, le piazze che il primo marzo rivendicano dignità e diritti, rappresentano per noi un processo troppo prezioso per lasciare che qualcuno se ne appropri, snaturandone il senso stesso.

La nostra volontà di allargamento, l’ambizione di costruire un orizzonte comune perseguito da tanti/e e diversi/e, non può essere confuso con l’opportunismo di chi, cercando di ripulirsi la coscienza, tenta di utilizzare la Carta di Lampedusa trasformandola in una operazione di facciata.

Apprendiamo che la Fondazione Xenagos ed il Consorzio Connecting People raccontano proprio in questi giorni di aver sottoscritto il documento redatto sull’isola di Lampedusa.
Se da un lato è vero che nessuno di noi può rappresentare la Carta di Lampedusa, che è e rimane uno strumento di allargamento, uno spazio di convergenza condiviso, è altrettanto vero che il primo punto della Carta di Lampedusa è l’impegno di chi la sottoscrive a difenderla ed affermarla in ogni sua attività, mobilitazione, iniziativa.
Proprio per questo ci sentiamo di poter dire che la vostra adesione non è per nulla gradita, così come i continui richiami di LegaCoop Sociali (interna a LegaCoop) alla Carta di Lampedusa.

Siamo certamente soddisfatti se chi chi per anni è stato complice di detenzione, businness e sfruttamento, torna sui suoi passi. Ma per ammettere veramente gli errori bisogna prima di tutto far seguire alle parole fatti concreti ed ancora non ne abbiamo visti.

Sappiamo bene che consorzi e “leghe” di tali dimensioni vivono grandi contraddizioni interne, in alcuni casi anche scontri che riguardano proprio questi temi. (come in Friuli dove Lega Coop Sociali si è schierata senza ambiguità contro il CIE).
Ma proprio per questo è venuto il momento di risolverle fino in fondo.

Forse Connecting People e LegaCoop hanno rescisso tutti i loro legami con CIE e CARA? Forse avete smesso di stare dalla parte di chi sfrutta i lavoratori della logistica e di altri settori? Forse nei vostri statuti è esplicito il divieto di partecipare a gare d’appalto per la gestione di quei luoghi ed il rispetto concreto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti?
Forse le cooperative che ancora sono complici della negazione di ciò che è affermato nella Carta di Lampedusa non fanno più parte del vostro circuito?
Non ci risulta.

Scriviamo a voi, ma in realtà ci rivolgiamo immediatamente e contemporaneamente a molti altri.
Per riaffermare ancora una volta che la Carta di Lampedusa ha l’ambizione di parlare a molti/e ma non è di tutti/e. Perché alcuni, per scelta, hanno deciso di stare da un’altra parte: contro i migranti e le migranti, contro la libertà di movimento, contro i principi della Carta di Lampedusa, a speculare sulla pelle di altri/e.

La nostra quotidianità è fatta di percorsi reali di cambiamento, a partire dalle rivendicazioni dei rifugiati accampati nelle piazze, dalle voci di donne e uomini che chiedono la libertà di muoversi o di restare dove hanno scelto di vivere, dal rifiuto del business dell’accoglienza, dalle mobilitazioni contro le espulsioni ed i respingimenti, dalle occupazioni delle case vuote mentre milioni di persone non hanno più un tetto, dalle lotte per il reddito, la dignità nel lavoro e contro lo schiavismo del caporalato, dalle iniziative di solidarietà e dalle pratiche di mutuo soccorso e cooperazione, dalla forzatura dei dispositivi giuridici dati, dai percorsi di contrasto alle discriminazioni ed al razzismo, dalle battaglie contro i centri di detenzione e confinamento e per dare corpo a nuovi diritti di cittadinanza più estesi e plurali, che cancellino ogni presupposto escludente che ha caratterizzato questo istituto negli ultimi decenni.

Per questo, proprio perché la vostra ambiguità non ci appartiene, rispediamo al mittente il vostro tentativo di mistificare ciò che siete e ciò che fate, sottoscrivendo o richiamandovi alla Carta di Lampedusa. Ne riparleremo quando avrete fatto pulizia delle vostre contraddizioni.
Altrimenti, statene certi, ci ritroveremo presto davanti ai CIE, sotto le vostre sedi, nelle denunce contro le condizioni disumane dei centri, nei picchietti e gli scioperi dei lavoratori e delle lavoratrici.
Noi da una parte, voi dall’altra.

Tenda per la Pace e i Diritti, Gorizia
Associazione Diritti per Tutti, Brescia
Rete antirazzista catanese
Cs TPO Bologna
CIPSI
Csoa Ex Mattatoio, Perugia
Progetto Melting Pot Europa
Focsiv
CeSPI
Cs Bruno
Ass. Razzismo Stop, Padova
ADL Cobas, Emilia Romagna
Ass. Razzismp Stop, Venezia
Cs Rivolta
Cso Pedro
Alba Articolo 3
Ass. SOS Diritti, Venezia
Laboratorio 53, Roma
Centro Sociale Ex Canapificio, Caserta
Esc Infomigranti, Roma
Progetto Rebeldia/Distretto 42, Pisa
Associazione Africa Insieme, Pisa
Centro di accoglienza autogestito, Pisa
You Migro, Roma
Comitato Non laviamocene le mani
Rifondazione Comunista
LabPuzzle, Roma
Sans Papiers, Roma
SCUP, Roma
Radiosonar.net
Partito dei Comunisti Italiani, Fed. Di Genova
Ambasciate dei Diritti, Marche
Coordinamento Aantirazzista palermitano
Napoliproject-Insurgencia, Napoli
MezzoCannone Occupato, Napoli
Città Migrante, Reggio Emilia
Laboratorio AQ16, Reggio Emilia
Casa Bettola, Reggio Emilia
Ass. Rumori Sinistri, Rimini
Lab. Paz Project, Rimini
ADL Cobas, Veneto
“La danza delle ombre”Onlus
Campagna LasciateCIEntrare
Casa dei Beni Comuni, Treviso
Mondo in Cammino Onlus
Laboratorio Morion, Venezia
Anomalia Parma
Le Mafalde Associazione interculturale. Prato
ColtivAzione
Associazione Garibaldi 101, Napoli
Tavolo della Cooeprazione Internazionale, Empoli
Presidio Piazzale Trento, Cagliari
Csoa La Strada, Roma

Carta di Lampedusa, Parte II, Libertà personale II
Riaffermando la Libertà personale come definita dalla Prima parte,

Rilevando come le politiche migratorie impongano, all’interno dei territori degli stati membri dell’Unione europea e ai loro confini, il sistema della detenzione amministrativa dei e delle migranti privi/e di permesso di soggiorno, così come il sistema di confinamento diffuso per i/le richiedenti protezione internazionale in spazi che presentano tutte le caratteristiche di luoghi di detenzione per i periodi di espletamento delle pratiche volte all’ottenimento dello status di rifugiato/a; constatando come le politiche di governo e di controllo delle migrazioni dell’Unione europea siano riuscite a diramare la pratica della detenzione e del confinamento delle e dei migranti e delle e dei richiedenti protezione internazionale anche negli stati non membri dell’Ue;

Denunciando tutte le morti e le violenze avvenute all’interno dei centri di detenzione e confinamento su tutto il territorio dell’Unione europea e dei paesi in cui è esternalizzato il controllo delle frontiere; morti e violenze su cui non è mai stata fatta chiarezza e che sono rimaste impunite;

Ribadendo l’impossibilità di qualunque riforma di tali luoghi, constatando le loro funzioni simboliche e poliziesche di criminalizzazione, così come di costruzione dell’inferiorizzazione giuridica, economica e sociale dei e delle migranti, e rilevando altresì l’ingente dispendio di risorse pubbliche destinate a tale sistema, ed erogate a soggetti che speculano sulle vite dei e delle migranti,

La Carta di Lampedusa afferma la necessità dell’immediata abrogazione dell’istituto della detenzione amministrativa e la chiusura di tutti i centri, comunque denominati o configurati, e delle strutture di accoglienza contenitiva – siano essi legalmente istituiti secondo leggi vigenti, o semplici decreti e regolamenti, o informalmente preposti alla detenzione e al confinamento delle persone – e la conversione delle risorse fino ad ora destinate a questi luoghi a scopi sociali rivolti a tutti e a tutte.