Neji Tarek, cittadino tunisino che vive in provincia di Brescia da una decina di anni, il 10 maggio stava facendo ritorno in Italia via nave dopo aver trascorso un periodo con la sua famiglia.
Avrebbe dovuto sbarcare a Civitavecchia, dopo aver fatto scalo a Palermo, ma la polizia di frontiera del capoluogo siciliano, effettuati i controlli di rito, gli ha notificato un decreto della questura di Brescia, col rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, motivato dalla condizione di disoccupazione.
Avrebbe potuto essere uno dei tanti casi, che passano sotto silenzio, di migranti respinti alla frontiera perché, mentre si trovavano all’estero, la questura ha negato loro il rinnovo del permesso di soggiorno, in conseguenza della crisi occupazionale che affligge l’Italia. Persone alle quali viene negata la possibilità di rientrare nel Paese in cui vivono, di presentare ricorso all’autoritá giudiziaria, di organizzare il loro rimpatrio, abbandonando casa, beni personali, affetti, relazioni sociali. Persone trattate, senza pietà, come pacchi postali.
Ma Tarek non è stato respinto immediatamente, come previsto dal codice frontiere Schengen perché la nave su cui si trova partirà per la Tunisia solo sabato 16 maggio e nel frattempo fa quotidianamente la spola tra Palermo e Civitavecchia; quindi è stato rinchiuso in una cabina, in stato di privazione della libertà personale, in attesa del viaggio di ritorno.
Una vicenda dai contorni kafkiani, nei tempi della legge Bossi-Fini; Tarek è di fatto prigioniero, senza che alcun giudice abbia convalidato il provvedimento limitativo della libertà personale, in violazione dei principi sanciti dalla Costituzione.
Tarek si trova in uno stato di sospensione dei diritti fondamentali della persona e nella giornata di ieri, 12 maggio, riesce a contattare telefonicamente “Diritti per Tutti”, conferendo a uno degli avvocati dell’associazione il mandato per proporre ricorso al TAR, ricorso che è stato depositato questa mattina.
Nella tarda mattinata il TAR ha emesso un decreto cautelare urgente (n. 803/2015), col quale ha sospeso il provvedimento negativo disposto dalla questura di Brescia, rimuovendo quindi l’ostacolo al rientro di Tarek in Italia.
Ora si attende che venga data esecuzione alla decisione del TAR e di salutare nei prossimi giorni il ritorno di Tarek a Brescia. Ma la conclusione positiva di questa vicenda non cancella la gravissima violazione dei diritti fondamentali della persona, che è stata perpetrata ai danni di Tarek, e anzi è occasione per stigmatizzare una volta di più l’inciviltà della legge Bossi-Fini e del quadro normativo nazionale ed europeo in materia di immigrazione.
Una ragione in più, insomma, per continuare nella mobilitazione che ci vede al fianco dei migranti di Brescia, in una lotta che è per i diritti universali di cittadinanza e contro ogni razzismo, in primo luogo quello istituzionale.
ascolta gli interventi di Tarek e dell’avvocato Vicini