Il Tribunale sospende il provvedimento prefettizio di revoca dell‘accoglienza a tre richiedenti asilo che avevano denunciato pubblicamente la pessima gestione del Cas di via Bocchi.
Il 19 agosto la sezione di Brescia del Tar della Lombardia, accogliendo un ricorso urgente presentato dall’avvocato Massimo Gilardoni, ha emanato tre decreti sospensivi che ordinano il reintegro nell’accoglienza dei richiedenti asilo, due gambiani e un senegalese, che l’8 agosto scorso la Prefettura aveva espulso dal Centro di Accoglienza Straordinaria gestito a Brescia, in via Bocchi, dalla cooperativa Ekopra di Bovezzo.
Il decreto prefettizio dell’8 agosto, chiesto da Ekopra e firmato dal Viceprefetto Vicario Salvatore Pasquariello, revocava le misure di accoglienza (in pratica l’ospitalità in tutte le strutture del sistema di accoglienza e i servizi di supporto connessi) a Dierra Saniag, Modou Bah, Issa Camara, guarda caso proprio i tre richiedenti asilo che verso fine luglio avevano reso pubblica denuncia delle pessime condizioni di accoglienza nel Cas di via Bocchi: una situazione conclamata di sovraffollamento e gravi carenze nell’erogazione dei servizi formativi, sanitari e legali che l’ente gestore dovrebbe garantire.
La risposta del Tar ha sospeso con effetto immediato la revoca delle misure di accoglienza e rimanda la decisione definitiva sul reintegro dei tre richiedenti asilo ad un’udienza confermativa fissata per il 21 settembre prossimo.
In sostanza il Tar ha riconosciuto che la decisione prefettizia di esclusione dall’accoglienza, oltre a ad aver generato una situazione di eccezionale gravità per chi la subisce, deve essere sottoposta a verifica di legittimità perché può essere stata fondata su motivazioni ingiustificate e vessatorie.
Ricordiamo che il decreto prefettizio di revoca dell’accoglienza addebitava ai tre profughi non meglio precisati “comportamenti scorretti e non conformi alle norme” e il presunto (e mai avvenuto) rifiuto del trasferimento disposto nei loro confronti dalla cooperativa dopo che avevano rilasciato le dichiarazioni critiche sulla vivibilità del Centro di via Bocchi. Un trasferimento a Fiesse, a cinquanta chilometri da Brescia, in aperta campagna, presso un altro Cas anch’esso probabilmente in situazione di sovraffollamento. Un altro Cas gestito da Ekopra, ente con un’attitudine particolarmente spiccata per la riduzione dei costi e l’aumento dei profitti attraverso un incremento spropositato del numero dei profughi ospitati in ciascun appartamento.
Nei fatti, a finire sotto l’esame del tribunale nell’udienza del 21 settembre sono dei provvedimenti punitivi comminati dalla Prefettura contro richiedenti asilo colpevoli di aver denunciato una situazione di mala accoglienza.
Nel frattempo, da sabato 19 agosto, da quando è stato emanato il decreto sospensivo, i tre richiedenti asilo hanno acquisito il diritto a rientrare in un Cas, almeno fino al 21 settembre, dopo che in queste settimane, dall’8 agosto, sono riusciti ad evitare di dormire per strada solo grazie al soccorso volontario di una rete solidale di conoscenti.
Ma soltanto oggi, giovedì 24 agosto, con una lentezza che sa di ulteriore vendetta, la Prefettura ha dato esecuzione alla disposizione urgente e vincolante del tribunale. Sempre per volontà della Prefettura i tre profughi sono stati separati e inviati fuori città. Ad Azzano Mella, Flero e Castegnato sono stati inseriti in altri Centri straordinari, gestiti stavolta dal più noto business man dell’accoglienza emergenziale in territorio bresciano, l’albergatore Marco Riva.
Da questa vicenda affiora soprattutto un modo di procedere che sappiamo essere ricorrente, una prassi consuetudinaria. Il caso di via Bocchi – la mala accoglienza e le ritorsioni contro i richiedenti asilo o gli stessi operatori che la segnalano – non è purtroppo isolato.
Più in generale, tutti gli addetti ai lavori possono verificare e confermare che le Prefetture, anche quella di Brescia, spesso su richiesta degli enti appaltatori, comminano con estrema disinvoltura agli ospiti dei Cas diffide, ammonizioni e decreti di revoca delle misure di accoglienza, peraltro il più delle volte senza che poi nessun ricorso in tribunale rilevi il carattere ritorsivo, comunque arbitrario e ingiustificato di molte di quelle sanzioni. Come in un sistema improntato, ben più che all’accoglienza, alla subordinazione, all’emarginazione e al respingimento dei richiedenti asilo.
L’Amministrazione comunale intanto continua a darsi assente, benché almeno sulle situazioni di sovraffollamento e di mancato rispetto delle condizioni di idoneità alloggiativa nei Cas collocati nel territorio di Brescia avrebbe pieno titolo per intervenire.