Brescia, domenica 12 dicembre. Attorno alle 8.45 del mattino presso l’ospedale civile viene constatato il decesso di El Hady Seyou Gadiaga, 36 anni, cittadino del Senegal, in Italia da circa 15 anni. In ospedale era arrivato da poco. Da venerdì pomeriggio El Hady era trattenuto presso la caserma dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato.
In base alla legge Bossi-Fini e al “pacchetto sicurezza” del 2009, si trovava in stato d’arresto soltanto perché era stato trovato privo dei documenti per il soggiorno regolare in Italia e mesi fa era stato colpito da un provvedimento di espulsione per “immigrazione clandestina”. Come previsto dalla legge, El Hady non aveva più il permesso di soggiorno che ha avuto per molti anni perché aveva perso il lavoro.
Sono in corso accertamenti da parte della magistratura sulle cause del decesso di El Hady, che secondo la versione dei carabinieri ha avuto un malore improvviso e inspiegabile.
L’Associazione Diritti per Tutti sta seguendo il caso con la massima attenzione. Stiamo raccogliendo tutte le informazioni necessarie a capire che cosa sia successo all’interno della caserma dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato. Non desisteremo finché tutto non sarà chiarito.
Certo è, già ora, che El Hady in quella caserma è entrato vivo e ne è uscito morente, o forse addirittura già morto, dopo poco più di 24 ore.
Certo è che i carabinieri non potevano non sapere che El Hady soffriva di una forma d’asma cronica, per la quale portava sempre con se’, oltre ad un’apposita bomboletta, anche la necessaria documentazione medica.
Certo è che El Hady è stato condotto in quella caserma grazie all’applicazione della legge Bossi-Fini e del “pacchetto sicurezza” (L 94/09) che trasforma in colpevoli di reato gli immigrati irregolari.
Certo è che nella giornata e nella serata di venerdì 10 dicembre, guarda caso alla vigilia della manifestazione dei migranti per i permessi di soggiorno del giorno successivo, le forze dell’ordine, in particolare i carabinieri, hanno intensificato nelle strade le massicce azioni di controllo dei documenti che soprattutto da novembre, per rappresaglia contro la battaglia della gru per la regolarizzazione, hanno reso Brescia città blindata dalla polizia, territorio di caccia aperta agli immigrati cosiddetti clandestini e non solo, un vero laboratorio dell’autoritarismo padano e del razzismo, voluto direttamente da Maroni.
El Hady è incappato in questi controlli, come del resto anche Lai, giovane immigrato senegalese molto conosciuto fra i partecipanti alla lotta per la regolarizzazione. Entrambi venerdì 10 dicembre sono stati condotti nelle caserme dei carabinieri. Lai ne è uscito soltanto sabato pomeriggio. El Hady non ne è più uscito, se non per un’ormai tardiva corsa verso l’ospedale.
Vogliamo sapere. Perchè quel che già sappiamo è inquietante, oltre che doloroso soprattutto per i familiari e gli amici di El Hady Seyou Gadiaga.
Le testimonianze che abbiamo raccolto soprattutto tra le persone più vicine a El Hady avvalorano e rendono meritevole di accertamenti molto approfonditi l’ipotesi che si tratti di un caso di grave omissione di soccorso, tanto più inammissibile perché ad esserne responsabili sarebbero i carabinieri che avevano in custodia El Hady dopo averlo arrestato e trattenuto per più di 24 ore in una cella di sicurezza della caserma dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato.
Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Aldo Bianzino, Carlo Giuliani… Omicidi di Stato. Impossibile non domandarsi chi sarà il prossimo. Non siamo affatto sicuri che la riposta non sia già arrivata, che non venga da Brescia, che non abbia il nome di un uomo senegalese di 36 anni.
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