Liberato Singh, uno dei migranti della lotta della gru di Brescia

Era rinchiuso da mesi nel CIE di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), dopo lo sgombero militare del presidio sotto la gru di via San Faustino operato l’8 novebre 2010 dalla polizia inviata da Maroni. Ora Singh può tornare a lottare con i suoi fratelli.

Per chi lavora o si interessa alle tematiche dell’immigrazione in Italia lavorare con i paradossi rappresenta un’abitudine quotidiana.

Succede così anche per la storia di Harjnder, giovane indiano proveniente dalla regione del Punjab e che si trova da diversi anni in Italia ed in particolare a Brescia nel settembre 2009.
Lui è clandestino, cioè non ha con se e nemmeno può richiedere un permesso di soggiorno in quanto è entrato in Italia povero, senza la possibilità di richiedere o acquistare un visto di ingresso nel mercato dei visti delle Ambasciate Italiane nel mondo.
Succede che un amico o un conoscente lo informano che proprio in quello stesso periodo il Governo Italiano ha fatto uscire una nuova legge che si chiama “sanatoria”, è lunga e complicata da spiegare, ma basta rivolgersi ad un amico, amico di amici, che “tanto lui è italiano, le leggi le conosce e ci vuole dare una mano”.

Pochi mesi dopo Harjnder si trova insieme a molti altri amici, connazionali e sconosciuti sotto ad una gru nel centro della sua città, Brescia. E’ successo che quell’italiano non era un vero amico, era uno che forse le leggi non le conosceva bene o forse sì e proprio per questo ci ha fregato i soldi.
Fatto sta che adesso sono tanti sotto quella gru, italiani e stranieri, gli stranieri sono andati anche sopra la gru, sono lì da giorni e non vogliono scendere.
Tanti sono lì per lo stesso motivo di Harjnder, c’è chi è stato derubato dei risparmi di una vita da truffatori e chi si è fidato dello Stato che lo “ospita” e che gli diceva paga, paga che poi vediamo, e che alla fine il permesso lo ha dato solo a quelli che prima erano clandestini, non a quelli che erano clandestini e si son fatti rintracciare.
Quindi se hai un’espulsione la truffa è direttamente dello Stato. Lo stesso Stato che poi minaccia e picchia la gente sotto la gru.

Harjnder da truffato si ritrova arrestato, denunciato, espulso di nuovo, e poi trattenuto in attesa di essere rimpatriato.
A questo punto si trova solo e spaventato, unico indiano in mezzo a centinaia di persone rinchiuse, carcerato e lontano da casa, non sa dov’è, vede un sacco di tunisini, nigeriani, egiziani, tutti molto arrabbiati, che urlano, si tagliano, stanno male, tentano di scappare e la polizia che entra ogni giorno, picchia e arresta. Si trova a centro di identificazione ed espulsione di Gradisca.

Harjnder però alla fine è un uomo fortunato.
Fortunato perchè nel posto da dove arriva lui, a casa sua, c’è ad aspettarlo la morte.
Harjnder proviene da un piccolo e sperduto villaggio del profondo Punjab. Non è l’India della new economy, non è l’India del miracolo economico, è un lembo di terra montagnoso al confine con il Pakistan dove si muore di dissenteria e il livello tecnologico e culturale è arretrato, praticamente medioevale.

Nell’India delle caste sociali rigide e dei matrimoni combinati, il giovane Harjnder sa perfettamente, e può anche dimostrarlo a chi non ci crede, che se tornasse al suo villaggio ci sarebbero ad aspettarlo una faida politico-familiare ed una persecuzione pesante e concreta che tormenta il suo villaggio, la sua famiglia, e che ucciderebbe lui se tornasse, tutto a causa di idee e comportamenti non tollerati da chi comanda.
Quindi non c’è solo la miseria o il desiderio di una vita migliore nel “progetto migratorio” di Harjnder, quanto invece l”esigenza di vivere libero, senza tormenti e senza il rischio di venir picchiato, arrestato o ucciso.

Harjnder quindi deve evitare il rimpatrio e per questo chiede asilo politico e protezione umanitaria al Governo Italiano.
La domanda viene scartata rapidamente dalla Commissione Asilo di Gorizia il 24 dicembre 2010. Gli avvocati di Harjnder propongono ricorso al Tribunale.
Il Tribunale accetta il ricorso e fissa l’udienza di discussione.
Così da oggi, 24 gennaio 2011, Harjnder torna libero
. Dovrà essere alla nuova udienza. Deve ancora aspettare, ma adesso può farlo senza essere più rinchiuso nel carcere etnico di Gradisca. Può tornare dai suoi amici e dai suoi compagni di lotta. Se vuole può anche tornare sotto quella gru per veder riconosciuto un suo sacrosanto diritto. Ma intanto Harjnder torna a casa. Torna a Brescia, finalmente!

dal sito Progetto Melting Pot Europa