Contro il razzismo istituzionale, per i diritti: primo marzo in Piazza Loggia

Nella crisi economica e di fronte a leggi come la Bossi-Fini che producono razzismo e divisioni, vogliamo rilanciare un movimento che unisca tutti e tutte, migranti e antirazzisti, in una lotta contro
la precarietà di un’esistenza sotto il ricatto
delle istituzioni e di padroni senza scrupoli. Perchè non siamo braccia da sfruttare ed espellere: ovunque siamo nati, la nostra vita è qui e ora!

Contro il razzismo istituzionale. Per i diritti dei migranti. Sanatoria per tutti e tutte!

GIOVEDÌ 1 MARZO 2012 in PIAZZA LOGGIA      
dalle ore 18 presidio con interventi, letture e musica

appello per il 1 marzo:

Per l’abrogazione della legge Bossi-Fini e la chiusura di tutti i Cie in Italia e in Europa; per i permessi di soggiorno ai truffati della sanatoria 2009; per la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia; per il riconoscimento di fatto del diritto d’asilo senza ritardi, lungaggini e discrezionalità; per dire no al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno; contro i tempi lunghissimi della prefettura che tiene in scacco le nostre esistenze; per il diritto alla residenza, alla casa e al lavoro; contro le vessazioni del Comune e della Polizia Municipale su rom e sinti; contro precarietà, sfratti e sfruttamento.
Per una sanatoria generale di chi non ha un permesso di soggiorno!
Per ElHadji.. e tutte le persone uccise dal razzismo e dall’indifferenza..
..in mezzo al mare, in una cella isolata o in una piazza affollata!

Promuovono: Presidio Sopra e Sotto la GRU, Associazione Diritti per tutti, Comitato provinciale contro gli sfratti, CSA Magazzino 47, kollettivo studenti in lotta, donne sotto la gru e molti altri-e
Milioni di persone immigrate vivono in Italia e in Europa. A Brescia e provincia sono ad oggi quasi 200mila. Da decenni sono radicate in questi territori, è qui che da tanto tempo hanno costruito progetti di vita.

Addirittura, in casi sempre più frequenti, è proprio in Italia che sono nate. Ma vengono lo stesso considerate immigrate e non hanno pieni diritti di cittadinanza almeno fino alla maggiore età, solo perché hanno genitori che provengono da un altro Paese.

Le donne e gli uomini immigrati, regolari e irregolari, producono non meno del 10% del PIL italiano. Lavorano soprattutto come operai, edili, autotrasportatori, lavoratori dei servizi, colf, badanti. Se un giorno decidessero di scioperare e interrompere il lavoro, l’intero Paese sarebbe bloccato.

Le leggi in vigore, a cominciare dalla Bossi-Fini, considerano gli immigrati solo come forza lavoro. E sono queste stesse leggi a rendere la forza lavoro immigrata perfettamente “flessibile”, cioè precaria e assoggettabile alle esigenze del “mercato” e del comando d’impresa.
In effetti i lavoratori immigrati sono doppiamente precari: oltre che con la forte riduzione dei più importanti diritti sociali subìta anche dai lavoratori italiani, hanno da fare i conti con l’incertezza del permesso di soggiorno. Senza questo documento, se si è immigrati si diventa irregolari ed espellibili. Insomma la vita e il lavoro entrano nelle condizioni di vulnerabilità e ricattabilità più estreme. Eppure grazie alle leggi in vigore, il permesso di soggiorno per molti è quasi impossibile da ottenere. Per gli altri, per i regolari, è comunque sempre revocabile, ad esempio a causa della perdita del lavoro, un’eventualità che la crisi in atto rende assai probabile.

Al contrario di quel che afferma la propaganda razzista, dalla precarietà e dalla negazione dei diritti per i migranti non deriva in alcun modo un qualche miglioramento o argine al peggioramento della condizione, delle tutele, dei diritti per gli italiani. E’ vero invece che la discriminazione e la precarietà dei lavoratori migranti rendono meno solidi anche le tutele, il futuro, la sicurezza dei cittadini e lavoratori italiani.
La frammentazione e stratificazione del mercato del lavoro in base alla provenienza, alle condizioni di regolarità o irregolarità del soggiorno, al requisito di cittadinanza, la creazione di una quota rilevante di lavoratori perennemente espellibili da ogni diritto sociale, sono dispositivi discriminatori che servono a sfruttare meglio chi ne è colpito direttamente, ma anche a dividere e attaccare i diritti di tutti, fino a svuotare progressivamente lo stesso status di cittadini dalle prerogative concrete che l’avevano sostanziato.

L’apartheid e la discriminazione verso i migranti, sancite per legge dalla stessa Unione Europea – i cui trattati sono fonte normativa primaria per il governo dell’immigrazione anche in Italia – sono in rapporto di perfetta funzionalità con il diffondersi della precarietà, che in questi mesi viene alimentata anzitutto dai diktat della Banca centrale e della Commissione europea, dalle ricette UE per il “risanamento” applicate in Italia dal governo Monti.
La crisi viene usata come un’imperdibile occasione per sferrare un attacco generalizzato e senza precedenti ai diritti, per deregolamentare ancor più il mercato del lavoro, per smantellare il welfare e privatizzare i beni comuni. Insomma per concentrare ancor più una ricchezza enorme nelle mani di pochi, sottraendo alla maggioranza della popolazione risorse indispensabili per una vita degna. A danno tanto dei nativi quanto dei migranti.

Per i cittadini e lavoratori italiani porsi al fianco dei migranti e del protagonismo che in questi anni i migranti hanno saputo esprimere contro il razzismo, contro il legame tra permesso di soggiorno e lavoro, l’aumento delle tasse per i permessi, la clandestinità, le espulsioni, i centri di detenzione, non vuole dire soltanto essere umanamente solidali con coloro che vengono più pesantemente discriminati. Significa anche lottare direttamente per difendere e riaffermare i propri diritti sociali: reddito, welfare, casa, beni comuni, condizioni di lavoro accettabili.

Di fronte al razzismo che divide, alla crisi e alla precarietà che colpiscono le vite e il lavoro di tutti e tutte, la sola uscita possibile è quella che attraverso il conflitto porta alla conquista comune di nuovi diritti sociali e di cittadinanza, che porta all’estensione del welfare al posto della sua compressione, all’affermazione della giustizia sociale al posto dello sfruttamento.
Per una cittadinanza aperta ed includente, per un nuovo welfare, per un nuovo statuto dei diritti, per un’Italia e un’Europa dell’accoglienza.

 

articolo del Bresciaoggi del 2 marzo