Lotta per i permessi: i nuovi appuntamenti

questura 4 giugno bis
volantino presidio questura fr/ur


Mercoledì 27 maggio ore 10 davanti allo Sportello Unico Immigrazione della Prefettura di Brescia (via Lupi di Toscana)

questura 4 giugno
volantino presidio questura it/en/ar

Giovedì 4 giugno ore 10 davanti alla Questura di Brescia

presidio/manifestazione

Permessi di soggiorno subito!

Basta legge Bossi-Fini e razzismo istituzionale

Per tutt* diritti sociali di cittadinanza, libertà di movimento, libertà di restare

Gli immigrati non sono schiavi da sfruttare nella clandestinità e nel lavoro nero!

Ogni venerdì presidio in piazza Rovetta/Largo Formentone ore 18

La lotta continua!

 

Ammonta ad almeno 120mila euro (non 80mila, come invece scritto in un recente articolo pubblicato dal quotidiano Bresciaoggi) la cifra, provvisoria e destinata a lievitare, che lo Stato deve versare come risarcimento per i ricorsi finora presentati e vinti al Tar dagli immigrati che a migliaia si erano visti rigettare senza giustificato motivo dalla Prefettura di Brescia la domanda di regolarizzazione fatta con la sanatoria 2012.

Sono il 45% del totale i ricorsi finora accolti. Una percentuale molto rilevante e in aumento tendenziale, che per di più, nel comporre il quadro della pessima gestione della sanatoria da parte della Prefettura di Brescia, va sommata a gran parte del 13% di ricorsi che il Tar ha finora dichiarato improcedibili perché, il più delle volte, dopo che sono stati presentati, la Prefettura ha riaperto di sua iniziativa la domanda di regolarizzazione precedentemente rigettata, data l’alta probabilità di successo del ricorso.

Tutto questo è conseguenza, effetto collaterale di un fatto noto da tempo: la cosiddetta anomalia bresciana, vale a dire il rigetto di ben l’80%, caso unico in Italia, delle domande di regolarizzazione presentate dagli immigrati alla Prefettura di Brescia con la sanatoria 2012. Un effetto peraltro del tutto prevedibile, denunciato pubblicamente dall’Associazione Diritti per Tutti fin da quando, a gennaio 2015, la Prefettura aveva finalmente chiuso la sanatoria proclamando di averla gestita con efficienza e applicando in modo rigoroso la legge.

In altre parole, i 120mila euro a crescere da pagare con soldi pubblici sono un costo monetario diretto messo in carico all’intera collettività che si aggiunge ad un ben più pesante costo sociale (ed economico) messo in carico agli immigrati dalla plateale e gravissima volontà discriminatoria agita sulla sanatoria dalla ex prefetta Brassesco Pace e dagli altri dirigenti suoi collaboratori tuttora in carica in Prefettura.

Questi 120mila euro e la pioggia di ricorsi già persi dalla Prefettura sulla sanatoria 2012 sono soprattutto un motivo in più per farla finita davvero, subito, con le perdite di tempo, le dilazioni, l’ingiustificabile prudenza (o riluttanza) nel cambiare direzione, nel riaprire le domande di regolarizzazione rigettate (persino quelle riammesse dalle sentenze del Tar), nella correzione radicale dei criteri e delle procedure di valutazione di quelle domande, nel sostituire per intero il quadro dirigente della Prefettura responsabile del disastro (a ben 2 mesi dalle dimissioni della Brassesco Pace anche il nuovo prefetto non è ancora stato nominato). Lo stesso ampliamento delle tipologie di prove della presenza in Italia dei richiedenti al 31/12/2011, pur essendo finalmente in corso, procede a rilento ed è tuttora del tutto insoddisfacente.

E’ davvero ora che su tutto questo, dopo le promesse e gli impegni assunti verbalmente e, talvolta, per iscritto dai rappresentanti istituzionali, anzitutto dal capo Dipartimento Immigrazione del Ministero dell’Interno Mario Morcone, i fatti e i risultati concreti comincino a fluire, invece che sgocciolare a poco a poco uno per volta dentro un mare di parole sempre meno credibili. Anche perché i ricorsi in tribunale hanno un costo rilevante oltre che per la collettività anche per i singoli immigrati ricorrenti (circa mille euro ciascuno), che già avevano pagato migliaia di euro per la presentazione della domanda di regolarizzazione.

Le donne e gli uomini immigrati di Brescia sanno che anche i precisi impegni dichiarati dalle istituzioni sul dare soluzione alla questione permessi di soggiorno a Brescia, li hanno ottenuti solo grazie al loro protagonismo, alla vertenza di lotta che hanno aperto dal 21 marzo scorso. Sanno che senza la lotta persino l’ingiustizia clamorosa e ostentata della sanatoria 2012 sarebbe rimasta questione chiusa e sigillata definitivamente. Sanno quindi che la presa di parola e d’iniziativa diretta, la mobilitazione e la protesta di piazza rimangono anche ora la possibilità più importante nelle loro mani di ottenere finalmente i permessi di soggiorno e di mettere in discussione concretamente i meccanismi razzisti e ricattatori di concessione/negazione del permesso operanti con la legge Bossi-Fini.

E’ una consapevolezza che vale tanto più nei confronti della Questura di Brescia, che continua a rigettare migliaia di domande di rinnovo del permesso di soggiorno per mancanza del contratto di lavoro stabile e per carenza di reddito, come se la crisi e la precarietà fossero colpa di chi ne sta subendo gli effetti sociali più devastanti. La causa di questi rigetti è, insieme alla legge razzista Bossi-Fini che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, anche la Questura di Brescia, la quale insiste non solo nell’applicare la Bossi-Fini nel modo più rigido e penalizzante per gli immigrati, ma arriva persino a negare i permessi attraverso il mancato rispetto delle norme di garanzia minime contenute in questa pur pessima legge.

Per esempio: il permesso di soggiorno di un anno per attesa occupazione la Questura di Brescia non lo concede quasi mai, perché tuttora impiega per il rinnovo dei titoli di soggiorno tempi che non solo oltrepassano sistematicamente il termine massimo di 60 giorni stabilito dalla Bossi-Fini, ma che sono spesso talmente lunghi da consumare nell’attesa del rinnovo il periodo di un anno concesso dalla legge agli immigrati per cercare un nuovo lavoro, compromettendo così proprio la ricerca del lavoro, dato che farsi assumere con un permesso di soggiorno scaduto è molto più difficile.

Inoltre: la Questura di Brescia, una volta emesso un diniego di rinnovo, rifiuta di prendere in considerazione, come invece prevede la legge, qualsiasi circostanza nuova, compreso il nuovo lavoro trovato dal richiedente, costringendo così i migranti a rivolgersi al T.A.R. per vedersi riconoscere i propri diritti.

E ancora: la Questura di Brescia non considera quasi mai le condizioni familiari o di convivenza o le reti di sostegno che nei momenti di difficoltà possono garantire un’integrazione di fatto del reddito richiesto per il rinnovo. Preferisce ignorare queste condizioni ed emanare rigetti a raffica.

Questi problemi generati dalla Bossi-Fini ma anche direttamente dalla Questura di Brescia, stanno ricacciando nella condizione di clandestinità migliaia di persone che vivono in questi territori da molti anni.

Come quelli della sanatoria 2012, questi sono problemi noti e sollevati dalla protesta dei e delle migranti fin dal 21 marzo scorso. Ma ancora deve trovare risposta la stessa richiesta di apertura di un tavolo che porti una soluzione rapida e generale, valida per tutti e tutte, non a sporadiche concessioni arbitrarie fatte su singoli casi individuali dai funzionari della Questura alle associazioni di rappresentanza degli immigrati.

Inoltre, nella direzione di una soluzione generale valida per tutti dei forti problemi che gravano sui rinnovi dei permessi in Questura, si è persa ogni traccia, finora, degli impegni dichiarati dal Dipartimento immigrazione del Ministero dell’Interno all’inizio del mese di aprile.

Eppure almeno alcuni provvedimenti, per quanto parziali, sarebbero a portata di mano, praticabili rapidamente: dare a tutti i migranti che già avevano un titolo di soggiorno per lavoro e che si ritrovano disoccupati un permesso per attesa occupazione della durata di almeno un anno dal momento del rilascio effettivo; portare a compimento dopo il rilascio del permesso i controlli previsti, nel caso siano scaduti i tempi massimi stabiliti dalla legge per il rinnovo del permesso; prendere in considerazione il sostegno economico proveniente da familiari, conviventi e parenti, anche al di là dei limiti previsti per il ricongiungimento familiare, ai fini della determinazione delle condizioni reddituali dei richiedenti il rinnovo.

È con tutte queste ragioni e rivendicazioni che le donne e gli uomini immigrati in lotta e i/le solidali antirazzisti, oltre a continuare ogni venerdì alle 18 il presidio in piazza Rovetta/ largo Formentone, promuovono le manifestazioni e le iniziative di protesta del 27 maggio (ore 10) davanti alla Prefettura di via Lupi di Toscana e del 4 giugno (ore 10) davanti alla Questura di Brescia.

La lotta continua…

 

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