21 gennaio ’17 ore 14.30 – largo Formentone – Brescia
partecipa alla marcia anche l’Associazione Diritti per Tutti
STOP WAR, NOT PEOPLE! PRIMA I POVERI!
Per ingresso legale e sicuro, accoglienza degna, permessi di soggiorno europei per tutt* subito. Per libertà di movimento, diritti sociali, casa, reddito, welfare per tutt*.
Basta razzismo istituzionale, Regolamento Dublino, legge Bossi-Fini. No CIE e deportazioni. No lavoro gratuito per ottenere il permesso di soggiorno.
Le migrazioni sono un dato di realtà. Non c’è barriera, per quanto alta, che possa fermare chi fugge da conflitti armati, dittature, povertà, dagli effetti peggiori del neoliberismo o della crisi climatica. Da profonde ingiustizie causate anche dai Paesi europei e NATO, che per i loro interessi economici e strategici depredano risorse e alimentano guerre e terrorismo.
Con il sostegno dell’Unione Europea, le maggiori forze politiche istituzionali – dalle destre, al governo PD, passando per il M5S – fanno a gara per colpire la mobilità dei migranti con provvedimenti ad alto impatto mediatico, come l’apertura di altri Centri di detenzione extralegale (i CIE) e l’annunciata accelerazione di espulsioni e trasferimenti forzati in campi di concentramento fuori dall’Europa, in Turchia, in Egitto, in Libia.
Le chiusure repressive in realtà non risolvono nulla. Causano solo altre stragi in mare, esclusioni e sfruttamento nella società, dentro la quale inoltre assecondano e legittimano le peggiori reazioni xenofobe.
Il mantra corale ripete che solo i “veri rifugiati” vanno accolti, mentre vanno respinti tutti gli altri profughi e migranti, cioè oltre il 60% (a Brescia oltre il 70%) delle centinaia di migliaia di richiedenti asilo bloccati in Italia dall’applicazione del Regolamento Dublino e dalla chiusura delle frontiere interne europee. Sono le persone catalogate dal management europeo delle migrazioni come “migranti economici”, in quanto provenienti da Paesi considerati sicuri, ma che sicuri non sono: Libia, Afghanistan, Egitto, Niger, Mali, Sudan… Persone che anche quando non fuggono da guerra e violenze conclamate, sono comunque arrivate per mettersi al sicuro da miseria e oppressione. Sono i/le migranti ai quali la legge Bossi-Fini di fatto ha tolto da anni ogni possibilità di ingresso legale e ottenimento del titolo di soggiorno e che proprio per questo tentano l’unica strada oggi percorribile verso la regolarizzazione: presentare domanda di asilo ed entrare nel sistema di accoglienza.
Nel complesso la macchina di governo delle migrazioni serve a catturare, confinare, selezionare. Non ad accogliere. L’accoglienza istituzionale è fatta anzitutto di strutture emergenziali, a gestione opaca, improntate a logiche securitarie (come la ex Serini di Montichiari), adeguate a garantire il business di improvvisati operatori privati ben più che condizioni accettabili, supporto e formazione ai profughi. Costringe le persone arrivate in Italia a un’attesa lunghissima ed alienante nell’incertezza. Infine le respinge nella marginalità sociale. E ne lascia la gran parte senza titolo di soggiorno (il diniego è ad ora prospettiva certa per oltre 2000 dei circa 2800 richiedenti asilo inseriti nell’accoglienza bresciana), in condizione di ricattabilità lavorativa estrema e di rischio costante di reclusione nei CIE e di deportazione.
Un’accoglienza degna e non imposta è fatta di servizi diffusi sul territorio e di strutture aperte, adeguate, di piccole dimensioni. Riconosce a tutti/e la libertà di muoversi e di scegliere dove andare in Europa, senza leggi ingiuste che respingono o costringono a fermarsi in Italia. Non obbliga ad anni di attesa. E nel frattempo non costringe di fatto i profughi al lavoro gratuito o sottopagato (“volontariato sociale”, stages…) per poter sperare di ottenere il permesso e di evitare l’espulsione, come prospettato dal nuovo “pacchetto immigrazione” annunciato in questi giorni dal governo con ampio consenso fra i sindaci e gli appaltatori dell’accoglienza istituzionale.
Siamo con i/le migranti che si ribellano all’accoglienza indegna subita in molte strutture, o che continuano a lottare per attraversare le frontiere interne europee chiuse, come a Como, al Brennero, a Ventimiglia.
A toglierci libertà, diritti e sicurezza sociale sono la precarietà del lavoro e del reddito, i tagli ai salari, la privatizzazione dei servizi, non i/le migranti. Sono le oligarchie imprenditoriali e finanziarie al governo in Italia come in Europa, che con le loro “riforme” concentrano sempre più nelle mani di pochi la ricchezza enorme prodotta da tutte e tutti, immigrati/e regolari e irregolari compresi. La ricchezza che ci appartiene e che deve servire al soddisfacimento dei bisogni di tutt*.
Il governo in pochi giorni trova 20 miliardi di euro pubblici per soccorrere i grandi speculatori privati di Mps. Ogni anno spende altrettanto per armamenti. Ma non ha soldi per finanziare case popolari, scuola, sanità, reddito sociale, pensioni. Il Jobs Act rende il lavoro ancora più precario e i padroni ringraziano, intascando incentivi pubblici e licenziando senza discriminazioni italiani e non.
Intanto, i molti imprenditori politici del razzismo pensano a far sfogare verso il basso la rabbia sociale, a mettere i poveri contro i più poveri diversi solo per colore o provenienza.
L’alternativa a questa guerra schifosa si chiama lotta comune dal basso. È necessario e urgente praticarla e diffonderla. Per l’accoglienza e la solidarietà, per i diritti sociali di tutte e tutti.
Associazione Diritti per Tutti, Brescia