SANATORIA: LE RICHIESTE ALLA PREFETTURA

Durante il presidio di lunedì 10 settembre organizzato da Associazione Diritti per Tutti e Presidio della gru, contro la truffa della sanatoria 2012, una delegazione ha incontrato un funzionario della prefettura, al quale è stato consegnato un documento da inoltrare al Governo. Nel documento viene denunciato l’impianto della nuova sanatoria e vengono chiesti chiarimenti sui nodi ancora aperti. Restiamo in attesa delle risposte.

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Considerazioni sulla disposizione transitoria, prevista dall’art. 5

del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109

Col decreto legislativo 109/2012 l’Italia ha inteso dare attuazione alla direttiva 2009/52/CE, che introduce norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro, che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

L’art. 5 del D.lgs. 109/2012 prevede una disposizione transitoria, che consente ai datori di lavoro di “sanare” le violazioni realizzate occupando irregolarmente lavoratori stranieri, presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto almeno dal 31 dicembre 2011, qualora il rapporto di lavoro sia stato instaurato da almeno tre mesi e sia in corso al momento di entrata in vigore del D. lgs. 109/2012 (ossia al 9 agosto 2012).

Si tratta, quindi, di un nuovo provvedimento di “emersione” di posizioni irregolari, che ricalca, sia pure con significative differenze, l’impianto della cosiddetta “sanatoria colf e badanti” del 2009, e del quale è fin d’ora facile prevedere quali saranno, in sede di applicazione, gli aspetti problematici.

In primo luogo, non si può che rilevare, come considerazione di carattere generale, che il periodico utilizzo di strumenti legislativi di regolarizzazione sta a indicare il fallimento delle politiche adottate in Italia, dai diversi governi che si sono succeduti, in materia di immigrazione. La mancanza di canali continuativi e “snelli” di ingresso regolare in Italia, e la pretesa di governare i fenomeni migratori col rigido meccanismo dei flussi, è il primo fattore che produce “clandestinità”, ossia la condizione di privazione di diritti, cui sono costrette migliaia e migliaia di stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale.

Ancora, prima di evidenziare le diverse criticità del provvedimento di emersione contenuto nel D. lgs. 109/2012, si deve sottolineare che la pretesa di legare l’emersione dello straniero irregolare alla disponibilità attuale di un posto di lavoro concederà a organizzazioni criminali di diverso spessore la possibilità, ancora una volta, di lucrare sul desiderio di regolarizzarsi di chi è sprovvisto del permesso di soggiorno. E’ fin troppo facile prevedere, sin d’ora, che saranno migliaia gli stranieri che, per non perdere la speranza di ottenere il permesso di soggiorno, verseranno cifre considerevoli nelle mani di chi prometterà loro di presentare la domanda di emersione, vero o fasullo che sia il rapporto di lavoro che verrà attestato.

Nel merito del D. Lgs. 109/2012, si svolgono le seguenti considerazioni:

  1. Ancora una volta, l’iniziativa per la presentazione della dichiarazione di emersione è lasciata al solo datore di lavoro, ponendo quindi il lavoratore in una condizione di subalternità e assoggettamento all’arbitrio del datore di lavoro stesso. Se il datore di lavoro non intenderà dar corso alla procedura di emersione, al lavoratore non resterà che l’opzione tra restare in condizioni di irregolarità, o rivolgersi al mercato illegale delle false assunzioni. E’ poi del tutto verosimile che, con un meccanismo così congegnato, in molti casi il datore di lavoro pretenderà che sia il lavoratore stesso a pagare il contributo forfettario di 1.000,00 euro, dovuto alla presentazione della domanda di emersione, nonché i contributi e le ritenute fiscali dovuti per almeno sei mesi. Il costo della regolarizzazione, così, sarà posto a carico del soggetto debole, il lavoratore, e non del datore di lavoro, che aveva eluso gli oneri fiscali e contributivi.
  2. E’ irragionevole la pretesa di porre, in capo al lavoratore straniero, l’onere di dimostrare, con documentazione proveniente da organismi pubblici, la sua presenza in Italia in data anteriore al 31 dicembre 2011. Un grande numero di lavoratori stranieri si troverà infatti nell’impossibilità di allegare la documentazione richiesta, col risultato di escluderli dall’emersione, o di indurli a procurarsi documentazione contraffatta. Lo straniero “clandestino”, per definizione, cerca di vivere in una condizione di invisibilità, rispetto agli organismi pubblici del Paese in cui si trova. Chi non abbia avuto la sfortuna di incappare in un provvedimento di espulsione, o in un ricovero ospedaliero, difficilmente potrà assolvere all’onere probatorio posto a suo carico. Quanto accadde in occasione della “sanatoria” del 1998 (che conteneva una previsione analoga) dovrebbe consigliare un intervento correttivo urgente, ad evitare un prevedibile enorme contenzioso giudiziario e il proliferare di commerci di attestazioni fasulle.
  3. La regolarizzazione è preclusa quando si tratti di rapporti di lavoro a tempo parziale (salvi i casi di lavoro domestico e di sostegno al bisogno familiare); si tratta di dell’irragionevole esclusione della possibilità di regolarizzare una parte significativa di rapporti di lavoro, soprattutto in alcuni settori (ristorazione, esercizi pubblici, ecc.), nei quali il ricorso al part time è particolarmente frequente.
  4. E’ irragionevole la previsione, quale causa ostativa alla possibilità di regolarizzazione, della segnalazione di inammissibilità nello spazio Schengen a carico del lavoratore straniero. In conseguenza di questa previsione, non potrà essere regolarizzato il lavoratore straniero che in precedenza sia stato espulso, anche solo per ingresso o soggiorno irregolare, da un altro Stato dell’area Schengen, mentre analogo effetto ostativo non è dispiegato dall’espulsione (disposta per violazione delle norme sull’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato) comminata in Italia. La disparità di trattamento, tra posizioni sostanzialmente uguali, è irragionevole e discriminatoria.

Può verificarsi il caso che la procedura di emersione abbia esito negativo, per la carenza dei requisiti soggettivi previsti per una delle due parti, ovvero per ragioni sopravvenute alla presentazione della dichiarazione di emersione. In tal caso, la norma prevede che, per il datore di lavoro, si realizzi comunque l’effetto “sanante” della procedura (archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi), se l’esito negativo derivi da motivi indipendenti dalla volontà o dal comportamento del datore di lavoro stesso (ad esempio, quando il lavoratore si trovi in una delle condizioni personali ostative all’emersione).

E’ irragionevole e discriminatorio non prevedere un’analoga disposizione a favore del lavoratore, in modo che gli venga rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione, quando la procedura di emersione abbia esito negativo per motivi indipendenti dalla sua volontà o dal suo comportamento. Nel caso di morte del datore di lavoro, o di datore di lavoro che (magari per le lungaggini della procedura…) non intenda più sottoscrivere il contratto di soggiorno, o ancora di motivi ostativi che riguardino i requisiti soggettivi del datore di lavoro, è opportuno che il lavoratore incolpevole possa accedere comunque ai benefici della procedura di emersione.
L’Associazione “Diritti per Tutti” ritiene urgente un intervento del Governo, per ovviare alle criticità segnalate, in tempo utile a non escludere dalla possibilità di regolarizzazione migliaia e migliaia di lavoratori immigrati, assoggettati a condizioni di sfruttamento e di privazione di diritti
Brescia, 10 settembre 2012.

Associazione “Diritti per Tutti”