MANIFESTAZIONE!
sabato 29 novembre 2014 ore 15 piazza Loggia Brescia
promossa dalle associazioni antirazziste e dei migranti di Brescia e provincia
Permessi di soggiorno subito. No alla Bossi-Fini, al razzismo istituzionale, ai comportamenti vessatori di Prefettura e Questura. Contro le discriminazioni, lo sfruttamento, le politiche di austerità e precarizzazione.
Per la dignità di tutte e tutti, per diritti sociali universali. Per la libertà di ogni persona di scegliere dove andare e dove restare, senza impedimenti economici, sociali, di legge.
Lottare in tante e tanti, uniti e determinati, è la vera grande possibilità di ottenere giustizia sociale.
– French English Indian Arab Urdu Bengali Russian
– Le richieste della manifestazione riguardo a permessi di soggiorno e sanatoria 2012
– Volantino Associazione Diritti per Tutti
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Sanatoria 2012: permessi di soggiorno subito! – No ai rigetti dei permessi causati da perdita del lavoro e crisi – Basta lunghe attese per il rinnovo dei permessi – Basta sfratti e pignoramenti, no al taglio delle utenze di acqua e luce – Diritto alla residenza per le persone senza casa – No ai canali discriminatori imposti agli immigrati nelle anagrafi comunali – No al Regolamento Dublino, che nega a profughi e rifugiati la libertà di movimento nell’intero spazio europeo – Chiudere i Centri di detenzione per immigrati (C.I.E.) – Basta legge Bossi-Fini e razzismo istituzionale.
A Brescia e provincia molte migliaia di immigrati insediati stabilmente da tanti anni stanno perdendo il titolo di soggiorno perché a causa della crisi hanno perduto l’occupazione regolare e un reddito considerato sufficiente. Cioè non hanno più il requisito che la legge Bossi-Fini pone come indispensabile per il rilascio del permesso di soggiorno: il contratto di lavoro. Così la Questura di Brescia sta rispondendo alle richieste di rinnovo del titolo di soggiorno con una pioggia mai vista di dinieghi. Sta ricacciando nella condizione di clandestinità molte migliaia di persone.
È nel tempo della crisi che possiamo vedere con la massima chiarezza a cosa serva davvero la Bossi-Fini, questa legge in vigore da oltre 10 anni, nei fatti adottata anche dal governo Renzi, fin dall’inizio propagandata come barriera per tutelare la sicurezza pubblica contro un’invasione inesistente: la Bossi-Fini è anzitutto uno strumento per comandare con il ricatto sulle persone, ridotte a nient’altro che forza-lavoro. Serve a sfruttare chi non può fare altro che lavorare in nero perché dopo il contratto regolare ha perso il permesso di soggiorno, o chi non ha mai potuto avere un permesso, o chi ad ogni costo deve restare aggrappato al lavoro che ha pur di non perdere il suo titolo di soggiorno.
Non solo: dopo le leggi che in questi anni sono state fatte da svariati governi con l’obbiettivo di flessibilizzare il lavoro e di precarizzare i lavoratori, la stessa Bossi-Fini ha l’effetto di indebolire le tutele e la forza contrattuale anche di chi, pur non avendo il problema del permesso di soggiorno, lavora al fianco delle persone che tale problema sono costrette ad averlo.
Ma a Brescia succede anche qualcos’altro ad aggravare ulteriormente la situazione. Perché qui sembra proprio che le istituzioni, in primis Prefettura e Questura, stiano facendo di tutto per produrre danni e drammi sociali anche peggiori di quelli causati da un’applicazione per così dire ordinaria della Bossi-Fini: il fatto è che da anni in questa città e in questa provincia – dove si sono stabiliti 200mila immigrati che in gran parte sono al lavoro nelle fabbriche, nei cantieri, nei servizi, negli ospedali, nelle case degli anziani – le leggi sull’immigrazione vengono interpretate in maniera eccezionalmente rigida e punitiva, come da nessuna parte in Italia.
La Questura di Brescia impiega abitualmente, in palese violazione delle stesse leggi vigenti, più di un anno per rinnovare i permessi di soggiorno. Questo perché eccede in verifiche che potrebbero invece essere effettuate a posteriori, dopo il rilascio del permesso. Alla fine di un’attesa infinita e di una sequela di controlli degna di miglior causa, i rigetti delle domande di rinnovo del titolo di soggiorno, anche per le persone presenti in Italia da anni e anni con i loro nuclei familiari, hanno il più delle volte la seguente motivazione: reddito insufficiente. Eccesso di povertà.
Se per questo la Questura di Brescia è un caso raro in Italia, la Prefettura invece è un caso unico. Grazie ad un’applicazione francamente stolta e ottusa delle norme già pessime della sanatoria del 2012, la Prefettura è riuscita ad ottenere un risultato da primato assoluto: ben 4mila delle circa 5mila domande di regolarizzazione presentate ormai più di due anni fa (ciascuna al prezzo di migliaia di euro pagati dagli immigrati richiedenti e in mancanza di altre possibilità di liberarsi dalla condizione di clandestinità), vengono ora rigettate per la presunta non idoneità ad uno dei requisiti richiesti. Vengono respinte, per esempio, perché la prova necessaria della presenza in Italia entro il 31 dicembre 2011 della persona immigrata richiedente, viene incredibilmente valutata non valida se datata prima degli ultimi 6 mesi del 2011!
In Italia, a causa delle leggi in vigore, ma in particolare a Brescia, per opera delle istituzioni preposte al controllo sugli immigrati, è in atto un vero e proprio processo di RICLANDESTINIZZAZIONE DI MASSA che colpisce molte migliaia di persone.
QUESTA È UNA VERA EMERGENZA SOCIALE, UNA QUESTIONE POLITICA DELLA MASSIMA URGENZA, CHE NON PUÒ NON AVERE CONSEGUENZE PER TUTTI.
È un’emergenza sociale che si somma ad altre non meno gravi, a cominciare da quella abitativa: a Brescia e provincia nell’arco di un anno sono oltre 2mila gli sfratti esecutivi, che coinvolgono persone e famiglie di ogni provenienza. Sempre più spesso, nella mancanza complessiva di risposte adeguate a favore di chi perde la casa dopo aver perso lavoro e reddito, l’unica “soluzione” proposta dai Comuni alle famiglie immigrate sfrattate è il “rimpatrio” nei Paesi di nascita, spesso lasciati da moltissimi anni e sconosciuti ai figli di queste famiglie.
In Italia il 10% della popolazione dispone del 50% della ricchezza, ovvero il 90% della popolazione deve dividersi soltanto la metà restante della ricchezza, creata da tutti, donne e uomini, italiani e immigrati, regolari o irregolari (dati Banca d’Italia 2010).
In Italia le 10 famiglie più facoltose hanno un reddito corrispondente alla somma dei redditi di niente meno che 500mila operai (dati Censis 2014).
Questi sono solo alcuni dei numeri più eclatanti di una realtà ormai evidentissima: a mancare non è affatto una ricchezza più che sufficiente a garantire a tutti e tutte una vita libera e dignitosa. A mancare è invece la giustizia sociale. Nel sistema della crisi e dell’austerità fatta dogma di governo, dei tagli e delle privatizzazioni, della precarietà di vita e dello sfruttamento del lavoro, una ricchezza enorme, che appartiene a tutti, è invece sempre più concentrata nelle mani delle ristrette oligarchie sociali ed economiche al potere in Italia come in Europa.
Per questo il razzismo e la malafede interessata sono le uniche vere motivazioni di chi intanto ha la faccia tosta di incolpare gli immigrati per la perdita di reddito, della casa, del diritto a servizi e prestazioni sociali irrinunciabili subita da milioni di persone di ogni provenienza. Quelli che agitano come programma politico lo slogan “prima gli italiani” – gli stessi che, come i leghisti e i fascisti, quando vanno al governo tagliano a loro volta salari, tutele lavorative, pensioni, sanità, scuola, welfare anche a milioni di italiani – non stanno facendo nient’altro che puntare sulla solita vecchia storia: la guerra tra poveri, utile a dividere per colpire meglio quanti vivono la stessa condizione di ingiustizia. Con l’esito assicurato di relegare tutti, italiani e immigrati, in un eterno dopo, e di riservare il prima esclusivamente ai pochi che occupano i piani alti della piramide sociale.
La crisi capitalistica e le politiche di austerità rendono ancora più pesanti le conseguenze concrete delle leggi discriminatorie in vigore contro gli immigrati, ma in generale stanno mettendo sotto attacco i diritti fondamentali e le condizioni di vita di milioni di persone.
Le lotte di questi mesi – come quelle che vedono protagonisti soprattutto ma non solo molti immigrati per il diritto all’abitare e per il blocco degli sfratti, o contro lo sfruttamento e per la dignità nei luoghi di lavoro del comparto logistico – sono esempi da raccogliere e moltiplicare, per cambiare davvero verso, prospettiva, condizioni materiali. Per cambiare nella giusta direzione: dal basso, per chi sta in basso. Parlano agli immigrati assoggettati al ricatto della concessione/diniego del permesso di soggiorno. Ma indicano la strada a tutti coloro che sono accomunati dalla negazione dei loro diritti sociali, a tutte le donne e a tutti gli uomini che hanno provenienze diverse, ma che, a voler guardare, appartengono alla stessa classe sociale.
Ci vediamo in piazza il 29 novembre. Che sia un altro inizio, di un percorso di mobilitazione che arrivi all’altezza della storia straordinaria e vincente delle lotte del movimento dei migranti e degli antirazzisti di Brescia.
Associazione Diritti per Tutti, Brescia