A Montichiari o a Milano, un C.P.R. è sempre un lager di Stato

Nei giorni scorsi Salvini ha dichiarato di voler mettere in funzione il CPR per la Lombardia non a Montichiari, come deciso circa un anno fa dal governo PD, ma a Milano, in via Corelli. Vedremo se i fatti, al netto dei giochi di potere e dei calcoli di convenienza in corso, confermeranno l’annuncio del ministro degli Interni leghista.
Ma già ora, nella cortina fumogena di reticenze, chiacchiere e mistificazioni stesa sulla questione CPR, sono proprio i fatti a fare chiarezza.

Il primo: un CPR è un CPR, a Milano o a Montichiari. Un CPR non è un generico “centro per immigrati”, men che meno è un centro di accoglienza. Un CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio), come i predenti CIE (e prima ancora i CPT), è invece un centro di detenzione. Serve a recludere e quando possibile a deportare persone che non hanno commesso alcun reato. È un non-luogo edificato con muri e sbarre, in cui per mesi o anche anni viene privato della libertà senza processo chi è stato dichiarato migrante irregolare, “colpevole” di aver attraversato deserti, mari e frontiere alla ricerca di un’esistenza vivibile e degna. Nei CPR le garanzie dello stato di diritto sono sospese: non è possibile uscire, non è possibile ricevere visite dai familiari e gli stessi colloqui con gli avvocati sono resi più complicati di quanto non lo siano in qualsiasi carcere di massima sicurezza.

Dopo le dichiarazioni di Salvini, i leghisti bresciani già affermano di aver impedito che l’ex caserma Serini di Montichiari diventi un “centro per immigrati”. Ma il motivo della loro soddisfazione non è per niente la contrarietà ai CPR, che proprio Salvini e l’attuale governo vogliono moltiplicare in tutta Italia. È che Rolfi e la sua banda i profughi a Montichiari non vorrebbero proprio vederli, nemmeno in galera. Ma soprattutto è il fatto che a scegliere la Serini per farne un CPR era stato il PD.
Il no leghista al CPR di Montichiari è tutto qui. A contraddistinguerlo, oltre all’odio per gli stranieri, non sono certo la limpidezza e la solidità delle motivazioni. Tanto che non sarebbe una novità se gli esponenti bresciani della Lega cambiassero idea (leggi qui), magari su contrordine del loro “capitano” ministro della Paura.

Come detto, poco più di un anno fa furono Minniti e l’ex governo PD a volere il CPR alla Serini. E a rilanciare in tutta Italia i centri di detenzione, la cui messa in funzione ora viene accelerata dal governo Lega-5Stelle. Anche gli esponenti PD bresciani e quelli in Giunta a Montichiari facero la loro parte, senza perdere tempo a preoccuparsi  dei diritti fondamentali e della libertà delle persone immigrate. Avallarono infatti la decisione di aprire il CPR nell’ex caserma della Fascia d’Oro dichiarando che questa soluzione, a differenza del precedente progetto del Ministero degli Interni sulla Serini (il centro di smistamento per richiedenti asilo), avrebbe “rafforzato le condizioni di sicurezza per i cittadini” (vedi comunicato stampa PD provinciale e di Montichiari del 12/05/2017).

In questa vicenda, tra PD e Lega Nord, non è facile distinguere la posizione del sindaco di Montichiari Mario Fraccaro, a capo di una Giunta molto composita, comprendente il PD e con la Lega all’opposizione. La motivazione principale della contrarietà dichiarata da Fraccaro all’utilizzo della Serini sia come centro di smistamento, sia come CPR, è sempre stata… la solita, in voga in molti Comuni: Montichiari ospita già un numero molto elevato di profughi. E la preoccupazione ostentata dal sindaco per la “sicurezza dei cittadini” a fronte dell’arrivo dei profughi, ha significato anche, per tutto il periodo nel quale l’apertura del CPR nell’ex caserma sembrava ineluttabile per volontà del governo PD, che per lo stesso Fraccaro meglio di un centro di smistamento sarebbe stato un CPR, un centro di detenzione, per quanto anch’esso subìto e non voluto. Insomma, come il PD anche l’Amministrazione di Montichiari, persino nel suo no al CPR, sembra essere più che altro all’inseguimento dei leghisti sul loro terreno, quello della xenofobia e del calcolo dell’opportunità.

La contrarietà non finta e non di facciata al CPR ha ben altre ragioni, che sono del tutto indipendenti dalla collocazione a Milano piuttosto che a Montichiari.
Pericolosa è una società che assoggetta le persone alla minaccia di finire in carcere per quello che sono, solo perché migranti. Pericolosi sono i governi e le istituzioni che ricorrendo ai più diversi dispositivi di chiusura e confinamento, alimentano sofferenze oltre frontiera, stragi lungo le rotte di viaggio, xenofobia e ostilità anche qui, producendo nella società gerarchie etniche e razziali che finiscono per colpire i diritti e le libertà di tutte e tutti.
I centri di detenzione e deportazione sono un odioso strumento di ricatto e violenza giocato contro gli uomini e le donne immigrate proprio mentre ad oggi in Italia più di mezzo milione di persone sono rese “irregolari” e costrette allo sfruttamento più estremo da leggi come la Bossi-Fini, che leva il titolo di soggiorno a chi perde il lavoro, dalle campagne d’odio e respingimento contro i richiedenti asilo accentuate da questo governo, dalla stessa legge Minniti-Orlando del 2017, che comprimendo proprio il diritto d’asilo ha colpito l’unica e già labile possibilità di ottenere il permesso rimasta a chi è arrivato fin qui e non può poi attraversare le frontiere interne dell’Europa.

Per queste ragioni i CPR sono da rifiutare senza se e senza ma e rimangono una questione aperta anche nel bresciano, anche se il governo dovesse confermare nel prossimo periodo la scelta di aprire il CPR per la Lombardia non a Montichiari ma a Milano, che a quel punto sarebbe destinazione principale anche degli immigrati di questi territori colpiti da un provvedimento di reclusione amministrativa perché rimasti senza titolo di soggiorno.

Ogni persona deve avere diritto di scegliere dove andare e dove restare, in condizione di regolarità e sicurezza. Tutte e tutti – italiani e immigrati, regolari e irregolari – produciamo una ricchezza enorme che ci appartiene e che non deve finire nelle tasche di pochi, delle oligarchie imprenditoriali e finanziarie al potere. Perché il reddito, il welfare, un lavoro dignitoso, la casa, il vivere bene sono diritti universali. Vogliamo riprenderceli. Accettare la divisione per provenienza e colore della pelle vuol dire fare la scelta assurda e perdente per tutti di preferire la guerra fra poveri alla lotta comune contro la povertà.

No al razzismo istituzionale, no ai CPR, né qui né altrove.
Documenti subito, libertà di circolazione, diritti sociali per tutte e tutti.